Гверрацци Франческо Доменико
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Capitolo Quinto
Papa Clemente VII
Clemente papa ora se ne sta ridotto nella stanza pi`u riposta del suo palazzo: essa [8] era di forma ottagona con bellissime colonne di ordine ionico. Da quattro lati ci fanno capo altrettante porte di rare modanature come sapeva condurre la eccellenza dell’arte cos`i comune in quei tempi; gli altri sodi appariscono ornati di quadri rappresentanti martiri di santi, membra segate, capi fessi, brindelli laceri, che infondono, piuttosto che riverenza, ribrezzo; intorno all’architrave superiore si innalza una parete che gli architetti chiamano tamburo, e sul tamburo una cupola elegante a imitazione delle forme immaginate dal divino Brunellesco. Il servo andasse ad aprire la porta, dicendo:
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essa – la stanza
“Ecco gli oratori fiorentini.”
Si apersero le porte, e comparvero Nicol`o Capponi, Luigi Soderini, Jacopo Guicciardini e Andreuolo di messer Otto Nicolini, oratori del comune di Firenze. Giunti appena che furono al Pontefice, e si prostrarono al bacio dei santi piedi: ma Clemente, rilevandoli con la voce e con i gesti favellava:
“Alzatevi, messere Nicol`o e voi messere Andreuolo; su via, messeri Luigi e Iacopo, sedetevi. L’imperatore ha da curvarsi al cospetto nostro e baciarci i piedi: voi poi siete parenti, amici, tutti figli della medesima madre. Messere Nicol`o, che cosa fanno Piero e Filippo vostri? Venite, parliamo di Firenze nostra in famiglia. A quale stato la povera citt`a si trova condotta adesso?”
“Dentro”, – rispose severo messere Nicol`o, – “non si patisce difetto di animo n'e di vettovaglia n'e d’armi: i barbari fuori, raccolti ai nostri danni, tagliano le viti, ardono gli ulivi, le case distruggono, i popoli uccidono o sperdono. Tanta e s`i grande ingiuria appena potrebbe cagionare il terremoto; pi`u poca ne far`a il giorno finale; dappertutto seminano il deserto…”
“O Firenze mia, dove ti porteranno questi sconsigliati? Vediamo, fratelli, di rinvenire fra noi modo che valga a salvarla dalla rovina. Accordiamoci a cacciare via i barbari che la divorano… queste immani bestie tedesche, che dalla voce e dall’aspetto non hanno niente di umano, come scriveva la buona anima del nostro messere Nicol`o....”
“Padre Santo, fuori di misura piacevole riesce allo spirito nostro contristato”, – riprese a dire il Capponi, —“l’intendere la buona mente della Santit`a Vostra verso la patria comune… vostra [9] madre e mia. Brevi i patti della pace e consentanei al giusto. La libert`a si conservi, si restituisca il dominio, del presente reggimento nulla s’innuovi”.
“Libert`a!” – interruppe il Pontefice a mano a mano infervorandosi nel dire: “e parvi libert`a questa dove senza ragione parte dei cittadini s’imprigionano, molti pi`u si perseguitano, alcuni si mettono crudelissimamente a morte? Vi sembrano modi civili ardere il palazzo Salviati a Montughi, ardere il nostro a Careggi, proporre di spianare l’altro a Firenze e farci una piazza in vituperio della casa Medici chiamata dei Muli? Ditemi si `i onesto e ordinato quando nella citt`a i pi`u tristie senza pena penetrano nei tempi di Dio, le immagini votive dei miei maggiori riducono in pezzi, me tamburano e vogliono dichiarare ribelle, me vicario di Cristo appiccano in casa Cosimino? Non parliamo di questo. Or via, nobili uomini, alsoltatemi: io voglio avere un reggimento Firenze dove, senza offendere la libert`a, uno della mia famiglia, o Ippolito o Alessandro, sia considerato come principale cittadino, voi altri ottimati della citt`a gli componiate un senato il quale insieme con lui attenda alle pubbliche bisogne. Poich`i le fortune e la virt`u di per s`i stesse distinguono l’uomo e il cittadino della povert`a e dalla ignoranza, sanzioniamo con legge quanto apparisce necessit`a di natura”.
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vostra = Sua (старая форма вежливости: вместо Lei используется voi)
“I padri nostri si legarono una volta, combatterono i grandi e li vinsero: adesso noi, degeneri dalla virt`u paterna, vorremo al nostro posto istituirci grandi e porre nella nostra terra il mal germe di prossima discordia?…”
Clemente soprastette alquanto prima di rispondere, imperciocch`i vedeva ogni arte riuscirgli meno; finalmente, tenendo la faccia dimessa a terra favell`o:
“Rimettetevi dunque nelle mie braccia: io mi comporter`o con voi non come sudditi ribelli, ma come figliuoli [10] traviati.”
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figliuoli = figli
Iacopo Guicciardini, sentendosi divampare il sangue, l’ira prorompergli dai precordi, grid`o: “Sudditi ribelli! Alla croce di Dio, da quando in qua siete voi re di Firenze, Giulio dei Medici? Cristo solo governa come principe la nostra citt`a.... Aprite, Giulio, l’animo vostro intero. Ormai non ingannate nessuno, n`i uomini n`i santi. Voi intendete assoluto signore dominare su Firenze. Voi vorreste che le nostre teste siano scalini per salire sul trono e quindi le prime ad essere calpestate. Portiamo via, liberi uomini, da questa reggia, che non ci subisse sul capo, dacch`i l’ira di Dio ci gravita sopra. Fin qui le preghiere e gli scongiuri furono carit`a patria, adesso sarebbero turpitudine e miseria. Il David del Buonarotti si mover`a prima a difendervi che il cuore di questo Filisteo si ammolisca. Venite a giurare nella chiesa di Santa Maria del Fiore di liberare la patria o seppellirci sotto le rovine di lei”. E concitato lo sdegno, da dolore e da impeto inestimabile, pone la mano sul battente della porta per uscire.
“Iacopo, fermatevi”, – esclam`o il Papa, —“e udite le mie ultime parole. Siano i Medici per autorit`a nello stato vostri compagni non principi; componete di quarantotto famiglie un senato, e in quello risieda il potere di governare…”
“Se il mio antico genitore mi avesse proposto questa infamia e delitto, io farei che la scure del carnefice insanguinasse i suoi capelli bianchi”. E senz’altre parole aggiungere gli oratori uscivano della sala.
Capitolo Sesto
Lucrezia Mazzanti
Questa avventura succedeva la notte prima dentro un corpo di guardia accanto alla porta di San Nicol`o, unica tra le tante porte di Firenze che tuttavia si mantenga nella sua antica forma. Un solo lume sospeso alla volta rischiarava di splendore vermiglio piccola parte della vasta stanza: e tu vedevi dei soldati raccolti l`i, qualcuno disteso per le panche in atto di dormire, altri seduti novellare dei casi di guerra; molti altri bevevano spensierati, come uomini per cui il tempo scorso `i nulla, il futuro anche meno, e si godono il presente fugace – e lieto, perch'e vuoto di affanno.