Гверрацци Франческо Доменико
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Da ambedue le parti sconfitta: dall’un lato e dall’altro silenzio di trombe, mormorio di voci inquiete: i baroni tedeschi e spagnuoli irrompendo dentro lo spazio vietato ricordavano i colpi e le vicende del duello.
“`E stato un nobile duello, quale avrebbero potuto combattere due cavalieri castigliani!” – esclamava uno Spagnuolo, cui uno smilzo Tedesco rispondeva:
“Certo degno di due baroni alemanni.”
La querela dichiararono non persa n`i vinta, e dalle genti credule fu reputato segno che la fine della guerra avesse ad essere per ambedue le parti infelice; per la quale cosa avesse a giudicarsi la ragione stare di qua e di l`a, o piuttosto non fosse ragione in nessuna.
Dante avendo con giuramento dichiarato ultima volont`a del morto Aldobrando essere stata di avere sepoltura negli avelli de’ suoi maggiori, pot`e trasportarsi seco il suo cadavere. Lo accomod`o pertanto con amore infinito dentro ad una bara, lo fece con diligenza lavare, poi gli mise attorno l’armatura completa, sicch`i pareva un guerriero il quale col sonno rifacesse le forze.
Nell’altra bara composero il Martelli.
Sul torre commiato dal principe, in segno di militare onoranza, ordin`o si sparassero tutte le artiglierie; al quale frastuono la citt`a, paurosa di sventura, rimase taciturna.
Capitolo Ventesimoquarto
Il sacco di Prato
Vico, Annalena e il padre di lei, affidati a poderosi cavalli, fuggivano traverso la moltitudine dei nemici; ogni speranza di salute ponevano nella velocit`a. E a Vico, oltre quei due capi diletti, importava di porre in salvo cosa da cui forse pendeva la salute della Repubblica; la commessione dei Dieci al Ferruccio di tentare gli estremi rimedii alla tutela della patria: lui non aveva potuto consentire di separarsi dal fianco nei pericoli di quella fuga la sua amata Annalena; malgrado il disagio, la volle seduta in groppa al suo corsiero e con ambedue le braccia stretta intorno alla sua vita. In questo modo correvano e non proferivano parola.
Venuti al sommo di una altura, lanciano lo sguardo nella sottoposta vallata e vedono facelle andare in volta di su e di gi`u, quasi lucciole vaganti alla campagna nelle notti di estate. Da prima Vico n’ebbe sospetto; si fermarono tutti; all’improvviso uscendo lui dalla meditazione, “Avanti”, – esclam`o, – “non v’ha pericolo… indovino l’avventura”.
Davano forte degli sproni nei cavalli per lasciare il luogo maledetto; ma la fortuna parava loro davanti uno scontro. Le zampe del cavallo del vecchio Lucantonio percuotono sul petto di un giacente traverso il cammino; le ossa delle costole sotto il colpo sgretolarono, l’aria violentemente compressa si sviluppa dalle viscere e manda suono come di sospiro: fremerono tutti e scesero precipitosi di sella.
Con molta cura furono attorno al giacente, e lo ponendo a sedere, se residuo alcuno gli fosse rimasto di vita investigarono; male per`o riuscivano nei tentativi loro, sepolti com’erano d’ogni intorno nel buio. Come volle fortuna, alcuni villani carichi di preda passavano quinci poco discosto portando lanterne, li chiamarono e li pregarono per Dio volessero essere cortesi di aiuto a cotesto infelice. E poich'e l’uomo `e creatura strana, sebbene nel richiamare quel nemico alla vita corressero rischio di consumare poi a sanarlo parte e forse tutta la preda, accorsero i villani alla voce di carit`a e lo sovvennero.
Appena per`o eransi curvati, si rialzarono atterriti da un urlo spaventevole che aveva gittato il vecchio, e nel punto medesimo lo videro protendersi ferocemente, avventare le mani intorno al collo di quel corpo, quasi intendesse strangolarlo; per certo il furore gli accecava l’intelletto, dacch'e, scorto il giacente alcun poco al chiarore del lume, conobbe essere da gran tempo fatto cadavere.
Il vecchio muta all’improvviso consiglio; toccato appena il giacente, si rileva da terra e, scopertosi il capo, gli occhi affissando al firmamento favella in suono ispirato: “Dove pass`o la vendetta di Dio che cosa mai aggiungerebbe la mano dell’uomo? Io aspettai lunghi anni invano questa vendetta, e poich`i non la vidi, ti rigettai dal mio seno, ora che hai posto l’uccisore del figlio sotto la zampa del cavallo del padre, io tremo tutto davanti alla tua tremenda giustizia, o Signore!”
Tacque e dopo un silenzio non breve riprese:
“Costui, non che i pi`u scellerati tra gli uomini, vinse in nequizia le pi`u feroci tra le belve; per`o la sua iniquit`a non toglie l’obbligo a voi di mostrarvi pietosi, dacch'e lui ebbe nascendo il segno della salute: dategli pertanto sepoltura, ma non gli ponete memoria; il suo nome rammenterebbe delitti che per decoro della umana natura `e bene s’ignori che possano essere stati commessi: non gli dite preghiera, ella andrebbe dispersa; comunque infinita la misericordia di Dio, i suoi misfatti la superano. Patria di quell’anima era l’inferno”.
Il vecchio si allontan`o; abbandonate le redini, si lasciava in balia del cavallo; avvertito di badare alla strada, non pareva intendesse; domandato a grande istanza pi`u volte chi fosse colui del quale gli era occorso il cadavere e per quali casi a lui noto, non d`a risposta: molti argomenti adoperati e tutti riesciti a vuoto, Annalena e Vico non cercano rimuoverlo dal suo pertinace silenzio.
“Significate al signor commissario che Vico Machiavelli giunto or ora da Firenze ha da consegnarli lettere degli magnifici signori Dieci di libert`a e guerra”, – diceva Vico, smontato in Empoli al quartiere del Ferruccio, alla lancia spezzata che v’era posta di guardia.